lunedì 31 gennaio 2011

Venti di guerra nel Maghreb

Distratti dalle vicende personali e boccaccesche dei politici nostrani ho l'impressione che non dedichiamo molta attenzione ai venti di guerra che stanno scuotendo alcuni stati africani del Mediterraneo, quelli che siamo abituati a vedere sui depliant turistici come meta di viaggio e di cui solitamente non consideriamo il tipo di governo.
Perchè quando andiamo in vacanza non stiamo a porci molte domande: l'agenzia ci offre proposte allettanti  e noi ci fiondiamo in un villaggio turistico tunisino e al massimo facciamo qualche puntata ai luoghi archeologici o ci immergiamo nei souk del posto per lo shopping di rito.
villaggio turistico, souk
Perciò da parte di molti è solo in questi giorni che  si apprende di una situazione di grave malessere popolare e uno pensa "caspita, l'anno scorso ero là e non lo sapevo, cosa ho rischiato!"

E' un'analisi difficile.
Il regime di Ben Ali in Tunisia è ormai stato rovesciato dai ribelli, il capo di Stato è riparato in Arabia Saudita e contro di lui è stato spiccato un mandato di arresto internazionale dall'Interpol...  ma come, fino a ieri tutto taceva, i più non sapevano nemmeno chi fosse Ben Ali e, improvvisamente, diventa un ricercato eccellente.
Stessa cosa in Egitto, dove la popolazione si sta rivoltando contro il regime di Mubarak e per le strade si combatte una guerriglia tra cittadini e forze dell'Ordine... e pensare che, solo ieri, per non fare un dispetto a Mubarak, persino in Italia si è chiuso un occhio sulla sua presunta nipotina Ruby.

Ma quello che pesa di più, per i due leader africani in difficoltà, è il silenzio delle Casa Bianca... che assiste alle vicende senza una parola in difesa per gli "amici" di qualche settimana fa... perchè c'è da dire che, con tutti i loro limiti, i governi tunisino ed egiziano, pur dispotici e lontanissimi dalla democrazia, erano nella lista dei "buoni" per l'Occidente e in quella dei "cattivi" per gli stati integralisti...  praticamente considerati, da europei ed americani, interlocutori moderati e utili al dialogo con stati molto più rigidi mentre, al contrario, considerati esempi troppo "disinvolti" rispetto alla tradizione per i loro vicini, decisamente  più intransigenti verso aperture ad Occidente.

E i venti di guerra potrebbero non fermarsi qui: non è remota la possibilità che si propaghino in Algeria,  Marocco, Siria, Giordania e... Libia (mon Dieu... come la metteremo con l'amicone Gheddafi? Con che faccia gli volteremo improvvisamente le spalle dopo averlo avuto "gradito" ospite?!).

Ma la politica  ha una coerenza camaleontica e non può tenere conto di certe cortesie.
Hanno mandato via Ben Ali? Stanno facendo pressioni su Mubarak? Benone, sono dei bastardi oppressori e non meritano altro. Li tolleravamo perchè fcevano comodo.
Quanta ipocrisia però c'è nella politica... forse la cosa più autentica della politica è proprio l'ipocrisia.

Comunque... tutto questo discorso per dire che la situazione magrebina ci riguarda molto più da vicino di quanto possiamo pensare e che una sua evoluzione potrebbe portare cambiamenti radicali nell'equilibrio mondiale.

La speranza, silenziosa e non interventista di Europa ed USA, è quella che il desiderio di maggiore libertà dei popoli africani porti ad un cambiamento interpretato come generalmente positivo.

E lo spero anch'io, per quella gente e per noi.

Si parlasse meno di e si praticasse meno il bunga bunga... 


1 commento:

  1. E' un po tutta l'Africa in rivolta. Il continente è ricco di molti minerali, ma lo "sfruttamento" è in mano a pochi. Lo scontento dilaga.

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